Fluyt, mercantile olandese, e libertà dei mari (1° parte)

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Il Fluyt - detto il flauto o flûte in francese o flyboard in inglese - è una nave mercantile adatta a carichi voluminosi ed è un po’ il simbolo delle grandi capacità marinare e commerciali degli olandesi, considerati nel passato i trasportatori del mare: i mercanti per eccellenza.
Gli olandesi nel ‘600 e nel ‘700 sono i dominatori dei mari: non solo di quelli vicini all’Olanda, come il Mare del Nord o il mar Baltico, ma anche del Mediterraneo e soprattutto dei grandi oceani, l’Atlantico e il Pacifico, diventati le vie dei commerci mondiali dopo le scoperte geografiche, compiute dai portoghesi e dagli spagnoli fra il ‘400 ed il ‘500.
Gli olandesi imbarcano merci in tutti i porti del mondo, le trasportano in qualunque parte del mondo, per venderle a tutto il mondo: la loro nave simbolo è proprio il fluyt, che nel ‘600 rappresenta la grande novità nel commercio marittimo. E’ una nave a vela, a tre alberi, con la prua tozza e la poppa arrotondata; è manovriera e adatta ad affrontare l’alto mare. Possiede un fondo piatto ed è dotata di una ampia stiva, adatta ai grandi carichi, anzi si può definire una comoda stiva galleggiante, capace di competere con tutte le navi mercantili dell’epoca.

Come abbattere i costi dei trasporti navali
Il Fluyt è un mercantile che abbassa drasticamente i noli, sia perché sfrutta razionalmente lo spazio stivando grandi quantità di merci, sia perché limita l’equipaggio al numero essenziale di uomini. Inoltre è il risultato di una tecnica di costruzione molto progredita e soprattutto economica, che riduce notevolmente i costi di produzione.
L’Olanda è un piccolo paese, che non dispone di braccia da lavoro in eccesso, e per questo fin dall’ epoca medioevale ha sempre fatto ricorso ad accorgimenti tecnici per unire economia, funzionalità, efficienza. Nei cantieri navali le operazioni di lavoro sono accuratamente studiate per essere semplificate e rese più celeri; la manodopera è sostituita da macchine, come argani o paranchi o seghe azionate da mulini a vento, per limitare il numero dei semplici uomini di fatica e puntare soprattutto sul gruppo ristretto degli operai qualificati, come i famosi maestri d’ascia.
Tale sistema porta a nuovi modelli di imbarcazione, come il fluyt, e ad una specializzazione dell’industria cantieristica: nasce la distinzione fra nave da guerra e nave mercantile. Termina il dominio dei mercantili armati, come i famosi galeoni spagnoli adibiti al commercio con le colonie, i quali sono inevitabilmente dotati di un buon numero di cannoni, con cui proteggere i preziosi carichi che trasportano.
Il Fluyt è una barca non molto grande, dalle 200 alle 500 tonnellate, non gravata dal peso di troppi armamenti: possiede pochi cannoni o, in certi casi, nessuno ed inoltre, come sappiamo, ha anche un equipaggio non molto numeroso. Le sue limitate dimensioni la rendono più economica e più adatta al commercio, a differenza per esempio delle grosse caracche usate fin dalla fine del Medio Evo per i traffici di Venezia e di Genova: per questo il fluyt nel ‘600 compare anche nel Mediterraneo.
La marina mercantile olandese, che può offrire noli a buon prezzo, diviene così una fonte di ricchezza per un paese che, anche se piccolissimo, è presente in tutti i mari del mondo. In particolare è l’Atlantico il mare che, per certe sue rotte relativamente meno pericolose, diviene il campo d’azione dei poco armati mercantili olandesi.
La nave adatta al solo trasporto delle merci ha un grande successo anche presso i paesi stranieri: questi ultimi preferiscono acquistarla direttamente dall’Olanda, anziché produrla in proprio.

Commercio e libertà dei mari
I mercantili si distinguono sempre di più dalle navi da guerra: mentre queste diventano massicce, di dimensioni adatte alla sempre maggiore potenza di fuoco, gli altri sono più piccoli, economici, pratici.
Tuttavia nel ‘600 non è possibile usare navi quasi disarmate: per esempio il Mediterraneo, diviso fra europei cristiani e turchi islamici, è un mare in genere pericoloso per guerre e atti di pirateria; anche l’Oceano Indiano, in cui ci si imbatte nelle flotte ostili dei popoli locali, non sempre è sicuro. Se poi pensiamo alle inesauribili lotte fra le potenze marinare, che devono difendere le loro colonie extraeuropee e fra le quali troviamo in prima fila la Spagna ed il Portogallo, seguite poi dall’Inghilterra, dalla Francia e dalla stessa Olanda, comprendiamo quanto una nave poco armata, adatta solo per commerci, rappresenti una eccezione. Gli olandesi infatti non producono solo mercantili poco armati, ma dispongono anche di buone navi da guerra sia per i numerosi conflitti che devono affrontare con i loro non pochi nemici - spagnoli, portoghesi, inglesi, francesi -, sia perché nei mari pericolosi viaggiano in convogli armati a protezione dei loro commerci.
Tuttavia l’obiettivo olandese di poter commerciare a costi contenuti è un fatto che risulta vincente e così importante che lascia durature conseguenze anche nel campo del diritto internazionale. Un grande intellettuale olandese, vissuto fra il ‘500 ed il ‘600, Hugo de Groot, noto anche come Grozio, ha saputo ben esprimere le esigenze dei mercanti, dei marinai, degli artigiani olandesi e ha elaborato una teoria, rimasta un pilastro del diritto navale, secondo cui ogni paese deve godere in alto mare della piena libertà di navigare e pescare. E’ una teoria che rivoluziona un principio diffuso fin dal Medio Evo: quello della sovranità sui mari. Se pensiamo che una grande potenza marinara del Basso Medio Evo, quale Venezia, ha considerato il Mare Adriatico come un suo esclusivo specchio d’acqua, non ci meravigliamo se nel XVI e XVII secolo il Portogallo e la Spagna, i due primi imperi coloniali, vantino il predominio assoluto sugli oceani che hanno esplorati e regolarmente navigati prima degli altri paesi europei.
Gli olandesi sono stati invece i primi a teorizzare la libertà dei mari contro la sovranità dei mari. Nell’opera “Mare Liberum“, che rispecchia bene le tensioni fra Spagna e Portogallo da una parte e Olanda dall’altra, Grozio con grande competenza politica si oppone allo strapotere spagnolo e portoghese sui mari. Sostiene che nessun paese possa accampare una sorta di diritto di proprietà sulla vastità degli oceani, impedendo ad altri di navigare e scambiare merci, e rivendica per le navi olandesi la possibilità di entrare o nelle acque del Pacifico e dell’Oceano Indiano o in quelle dell’Atlantico e dei Caraibi in nome della libertà. Una libertà che, in questo caso, è tutta a vantaggio degli olandesi, che sui mari vogliono realizzare profitti per arricchire sé e il proprio paese, ma che Grozio sa presentare come un valore universale, in cui si riconoscono tutti i popoli marinari.

Perché Olanda contro Spagna e Portogallo?
Un po’ di storia olandese

Per comprendere le cause del contrasto degli olandesi contro gli spagnoli ed i portoghesi, occorre fare una rapida escursione nella storia olandese.

Nel Medio Evo
L’Olanda fa parte dei Paesi Bassi, cioè di quella regione del Nord Europa che nel Medio Evo è stata la terra di confine fra due grandi aree culturali e linguistiche: la Francia ad ovest e la Germania ad est.
In base all’organizzazione politica medioevale, i Paesi Bassi sono divisi in feudi - come contee, ducati, signorie -, corrispondenti a tanti staterelli ben differenziati fra di loro. Per la sua posizione geografica, l’Olanda ha sempre avuto una forte vocazione marinara e ha visto sorgere sulle sue coste porti ricchi e dinamici; inoltre essendo attraversata dai numerosi fiumi che sfociano nel vicino Mare del Nord, in un momento di grande sviluppo demografico iniziato con il secolo XI, ha visto sorgere dighe e sbarramenti di acque per aumentare a danno del mare l’estensione territoriale necessaria a una popolazione tanto attiva. Per la loro laboriosità le terre olandesi si sono sempre distinte come centri produttivi, in cui miglioramenti graduali e costanti hanno gettato le basi di una solida economia.
Alla fine del Medio Evo, fra il ‘300 ed il ‘400, l’Olanda viene coinvolta nella breve e gloriosa storia di una grande dinastia europea, direttamente imparentata con i Valois, che sono i re di Francia dell’epoca.
E’ la dinastia dei Valois-Borgogna, che riesce a formare uno stato a cavallo fra il regno di Francia e l’Impero Germanico, cercando di unire diverse aree, che vanno dalla Borgogna francese a sud e giungono a nord fino alle terre dell’Olanda. Nel ‘400 lo stato borgognone, o il granducato di Borgogna, raggiunge per prosperità e per cultura il vertice della sua grandezza, anche se deve consumare molte delle sue energie nel difficile compito di tenere insieme popoli tanto differenti. E’ una impresa che richiede continue campagne militari, in cui non esita a cimentarsi l’ultimo duca, Carlo il Temerario, che proprio per il suo coraggio che arriva fino alla temerarietà alla fine subisce una serie di sconfitte sul Reno e in Svizzera, perdendo la vita nella battaglia di Nancy del 1477.

Entrano in scena gli Asburgo
Quando nel gennaio del 1477 il corpo esanime di Carlo il Temerario viene ritrovato coperto da numerose ferite e dilaniato dai lupi in uno stagno ghiacciato, lo stato borgognone va incontro alla sua disgregazione soprattutto per opera dell’abile re di Francia Luigi XI, che non esita a riprendersi la Borgogna e le terre francesi.
Diversa è invece la sorte dei Paesi Bassi, che sono rimasti all’unica erede dello sfortunato duca di Borgogna: una figlia di nome Maria. Secondo le istituzioni politiche dell’epoca solo i figli maschi possono ereditare terre, titoli e potere; perciò Maria, giovane donna in età da marito, non può continuare la dinastia paterna e agli occhi delle nobili famiglie non è altro che una ereditiera, fornita dell’allettante dote dei ricchi Paesi Bassi. Di fronte ad un partito così appetibile non resta indifferente un’altra grande dinastia destinata ad un prestigioso futuro: gli Asburgo d’Austria. Sempre nel 1477 Massimiliano d’Asburgo sposa Maria di Borgogna facendo entrare nei domini asburgici, collocati sul corso del Danubio, anche i ricchi paesi del Mare del Nord, lontani e separati dal nucleo austriaco.
Questo però è solo uno dei tanti colpi da maestro realizzati dalla politica matrimoniale degli Asburgo; in seguito lo stesso Massimiliano riuscirà a combinare le nozze del figlio Filippo il Bello con Giovanna la Pazza, che è l’erede di Isabella di Castiglia e di Ferdinando d’Aragona, i due sovrani che nella seconda metà del ‘400 hanno unificato il grande regno di Spagna.
Gli effetti di questo matrimonio sono uno dei fatti più sorprendenti della storia europea: nel ’500 Carlo d’Asburgo, figlio di Filippo il Bello e di Giovanna la Pazza, riesce a concentrare nella propria persona il più straordinario potere politico dell’epoca, grazie a ben tre eredità: quella borgognona, quella asburgica e quella spagnola. Inoltre questo sovrano ottiene anche il titolo di Imperatore della Germania: titolo più che altro di prestigio, che non implica un effettivo potere sui paesi tedeschi, ma che tuttavia nel 1519 trasforma il diciannovenne Carlo nel grande imperatore Carlo V.
Carlo V è originario dei Paesi Bassi: nasce nel 1500 a Gand, nella contea di Fiandra. Rimane per tutta la vita profondamente legato alla sua terra natale, anche quando il suo potere si estende su gran parte dell‘Europa - e non solo dell‘Europa, ma anche dell’America centro-meridionale -. Per questo i Paesi Bassi sono oggetto di particolari cure: sono organizzati in 17 province, ben amministrate ed affidate al prudente governo di parenti di sesso femminile dello stesso Carlo. L’Olanda è una dalle province più settentrionali.

La Riforma protestante: Spagna cattolica, Olanda protestante
Proprio sotto Carlo V l’Europa conosce un grande frattura religiosa, che per due secoli sarà la causa di una dolorosa serie di guerre di religione.
Il cristianesimo della prestigiosa Chiesa di Roma, che per tutto il Medio Evo ha rappresentato l’unico riferimento religioso dei popoli europei, nel ’500 si divide nel cristianesimo cattolico, rimasto fedele a Roma, e in quello protestante avviato da numerosi riformatori religiosi, come Lutero, Calvino ed altri teologi: tutti aspramente critici verso la Chiesa romana.
I Paesi Bassi non tardano ad aprirsi alle nuove idee di riforma religiosa, soprattutto a quelle del calvinismo che glorificano il lavoro ed esaltano la dignità degli uomini attivi e laboriosi. La vita operosa dei popoli del Mare del Nord rende questi ultimi più vicini all’austerità calvinista che al fasto del cattolicesimo romano.

Ostilità fra Spagna ed Olanda
La situazione diventa complessa dopo il 1556, quando Carlo V, dopo un’intera vita dedicata a governare uno stato enorme, abdica e divide il suo impero fra il fratello minore Ferdinando ed il figlio che diviene il re di Spagna Filippo II. Ovviamente il padre lascia al figlio l’eredità più cospicua e per questo Filippo II diviene il più forte sovrano della fine del ’500, possedendo la Spagna con le annesse colonie americane, parte dell’Italia, su cui gli spagnoli hanno imposto la loro dominazione, e per finire i laboriosi Paesi Bassi. Emerge così un duro contrasto tra due mentalità antitetiche: da una parte la cattolicissima Spagna, forte ed orgogliosa della sua potenza; dall’altra parte l’Olanda decisamente ostile al cattolicesimo ed insofferente di dipendere dal dominio spagnolo.
Lo scontro fra Filippo II e gli olandesi è inevitabile, per questo l’Olanda dopo la metà del ‘500 si avventura in una lunga guerra antispagnola, che fra fasi di lotta armata e tregue durerà ben 80 anni, fino alla pace di Westfalia del 1648. Solo allora l’Olanda otterrà il riconoscimento, di fatto e di diritto, della sua libertà politica e costituirà la Repubblica delle Sette Province Unite. Si tratta delle 7 province settentrionali degli antichi Paesi Bassi, mentre le altre 10 province resteranno alla Spagna.

L’impero coloniale olandese
Tuttavia l’odio degli olandesi contro la Spagna non si limita solo alla liberazione dell’Olanda, ma si estende anche alle lotte sui mari.
Soprattutto dopo il 1609, in cui inizia nei Paesi Bassi una lunga tregua con la Spagna, l’Olanda con le sue navi entra direttamente in azione sui grandi oceani del Pacifico e dell‘Atlantico. Qui affronta la Spagna, colpendola nelle sue colonie d’oltremare, ed insieme attacca anche l’altra grande potenza coloniale, il Portogallo che per motivi dinastici è unito, fra il ’500 ed il ’600, al regno spagnolo.
Sorgono le compagnie commerciali olandesi, come la Compagnia delle Indie Orientali, che si serve della esperienza di navigatori olandesi che hanno in precedenza lavorato per i portoghesi. La compagnia riesce a scacciare, in gran parte, i portoghesi dallo stesso impero, che questi nei secoli precedenti hanno creato nel Sud-Est asiatico. Possedimenti olandesi sorgono in Asia: nelle Molucche, nell‘isola di Giava, in Malesia, a Pulicat in India.
In seguito si costituisce anche la Compagnia olandese delle Indie Occidentali, sorta sotto la spinta di mercanti calvinisti, che uniscono la prospettiva di ricchi traffici con le nuove terre d’America al fervore religioso, ben deciso a
combattere sui mari i paesi cattolici di Spagna e Portogallo.
Nasce l’impero coloniale dell’Olanda, che si afferma non solo con l’uso delle armi, ma anche con le dispute sui diritti di navigazione in cui Grozio, come abbiamo già visto, ha avuto un ruolo importante. Grozio ha saputo impostare fondamentali questioni di legislazione internazionale, ponendo interrogativi quali: “Può il vasto, l’immenso mare essere appannaggio esclusivo di un regno?… Può un qualsiasi stato avere il diritto di impedire ad altri stati di scambiarsi beni l’uno con l’altro e… di comunicare direttamente fra di loro?” Sono domande che portano, secondo la logica razionale, ad una sola conclusione: gli oceani non appartengono a nessuno, ma sono il grande spazio dei liberi commerci.


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