Parigi e Milano nell’Ottocento, Vetture-Omnibus

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Particolare da “Le Quai du Louvre” del pittore dell’Ottocento francese Claude Monet.


In questa panoramica del lungosenna dello storico castello del Louvre si vede un bel movimento di gente e carrozze; a sinistra la carrozza bianca, capiente, brulicante di persone è un omnibus.
Che cos’è un omnibus?
E’ una pubblica vettura di città che fa servizio nei centri urbani, grandi e meno grandi, ed è il risultato dei cambiamenti sociali, avvenuti nell’Europa dell’Ottocento con la “rivoluzione industriale”. E’ una novità nei mezzi di trasporto e si può considerare l’antenata dei nostri tram e autobus. All’inizio è solo trainata da cavalli, che sono 2 o anche 4; poi con i rapidi progressi della tecnica è mossa da energia non animale, viene motorizzata. Osservando il nostro quadro, l’omnibus con i cavalli si presenta come un cassone allungato, all’interno ha due banchi messi longitudinalmente l’uno in faccia all’altro e con 10 o 12 posti a sedere. Possiede anche sedili sull’imperiale, che è il tetto e viene usato in caso di bel tempo. L’accesso al mezzo avviene con un ingresso posteriore.
L’omnibus svolge un utile servizio con percorsi fissi lungo le vie della città, che avvengono a orari prestabiliti e prevedono soste, dove la gente sale o scende. E’ un servizio a disposizione non di pochi, ma di un gran numero di persone che con il contenuto costo del biglietto possono muoversi per affari, per lavoro, per divertimento, per visitare familiari e amici. Questo spiega il termine latino omnibus, che significa per tutti e che ha lasciato una traccia negli attuali auto-bus.

Omnibus parigini e milanesi
Parigi, la grande capitale francese di un moderno paese, già attorno agli anni ’20 dell’Ottocento vede percorre le sue strade dagli omnibus, che trasferiscono con regolare celerità i parigini dal centro alle periferie e viceversa, o che sono molto usati per raggiungere un altro straordinario mezzo di trasporto destinato a cambiare la storia europea: la ferrovia.
Passando da Parigi a Milano, si vede che gli omnibus non sono tutti uguali, come si legge nelle pagine del medico-poeta-scrittore Giovanni Rajberti. E’ un arguto milanese, che nel suo spiritoso libro “Il Viaggio di un Ignorante, ossia Ricetta per gl’Ipocondriaci” con ironia descrive un comico omnibus della sua città.

Milano nel 1855
Dice il medico-scrittore: “Gli abitanti di città non molto vaste, né popolate, né troppo affaccendate (per esempio Milano), dove l’omnibus è oggetto di non generale né urgente necessità, ma quasi un affare di lusso, se non hanno visto una grande metropoli, è impossibile che colla propria fantasia s’innalzino a tutta l’altezza del concetto omnibus”. I milanesi, anche se gente attiva, non riescono a immaginare tutta l’utilità e celerità dei nuovi mezzi pubblici, che da loro “sono pochissimi di numero, servono quasi esclusivamente per condurre e ricondurre dalle stazioni ferrate; ora sono quasi vuoti, ora vi s’insacca dentro la gente, fino al pericolo della soffocazione”. Anche i cavalli, che dovrebbero essere la forza motrice delle vetture sono “ronzinacci abilissimi nel fingere il trotto e lasciarsi passare avanti tutti i pedoni”. Circa il servizio di linea, il Rajberti denuncia il mancato rispetto degli orari perché “ogni momento, fermate e riposi” e aggiunge una punzecchiatura commentando che gli omnibus sono lenti e “fanno benissimo: chi ha fretta e di che cosa si ha fretta, in Italia?”.

Fatto quasi tragicomico
Ecco ora l’aneddoto milanese, che racconta come un omnibus durante il servizio si arresti inaspettatamente. Infatti “quando fummo al Passetto, l’omnibus si ferma; nessuno vi abbada – cioè fa caso -, come cosa solita; ma dopo qualche minuto, non essendoci persona che esca o che entri, né ostacoli sulla strada, si comincia a sussurrare e a chiedere conto della fermata: il conduttore era scomparso”.
A Milano gli orari e le fermate sembrano un fattore incerto e casuale: non è insolito che ci siano arresti fuori programma per gente favorita, che sale a suo comodo su un mezzo che dovrebbe essere pubblico.
Ma ad un certo punto la scomparsa del conduttore, incaricato a gestire il va e vieni dei passeggeri, divien un incomprensibile mistero che neanche l’altro responsabile del servizio, il vetturino che comanda i cavalli, sa o finge di non saper risolvere. Così testimonia il Rajberti: “Si aspetta, e poi ancora si aspetta e tutti gridavano: infine si venne a scoprire che, essendo mattina di giovedì, il conduttore era entrato in una bottega di lotto, affollata, a giocare un terzetto. Vi lascio immaginare se la mosca salisse al naso di tutti… Urlavano al vetturale che andasse avanti; ma costui faceva il sordo”. Ecco risolto l’arcano: il gioco d’azzardo, cioè il lotto tanto frequentato da richiedere per essere giocato non solo una pausa, che forse passerebbe inosservata, ma una lunga sosta che fa infuriare la gente!
La situazione diventata critica è superata dall’arguzia dello stesso medico-scrittore che, interpellato dai passeggeri protestatari, così risponde: “E’ così grossa, che la trovo perfino bella;…vorrei che dopo andasse anche dall’amorosa, chè –cioè perché- starei qui volentieri ad aspettarlo un’altra mezz’ora: sarebbe più magnifico l’aneddoto da raccontare”. Compare la vena satirica del Rajberti, acuto osservatore alla ricerca dei casi più bizzarri, che con il paradossale riferimento al rendez-vous amoroso trasforma “la furia in buon umore; e quando finalmente il conduttore ritornò al suo posto con la polizza – ossia il tagliando della giocata – in mano, nessuno gli dedicò un calcio nel naso, e si riprese allegramente la corsa”.

Un viaggio a Parigi nel 1855
Il nostro medico buon narratore, collega l’aneddoto di Milano a un viaggio fatto a Parigi nel 1855, appunto il “viaggio di un ignorante” che osserva la realtà senza giudizi precostituiti, sia culturali sia politici, ma stando ai fatti.
Il Rajberti a Parigi si muove a piedi e in omnibus; non può fare a meno di esclamare: ”Oh, se sapeste che sublime scoperta è stata quella dell’omnibus! Bisogna credere che il suo perfezionamento sia opera di molto tempo e di molti uomini, come quello dell’orologio”.
Nella capitale francese gli omnibus sono centinaia, si muovono in tutte le direzioni e per molte ore: dal mattino fino a gran parte della serata. Il loro servizio di linea è fatto apposta per gente dedita agli affari, con orari e fermate regolari, “a rigore di minuti”. I cavalli non sono “ronzinacci”, ma “ corsieri di Normandia per lo più bianco-grigi”. “Ogni dieci minuti qui passa un omnibus”, così dice la gente e sa con esattezza il luogo in cui conduce.

Che cosa c’è sotto? Francia e Italia
Le differenze quasi incredibili dell’uso di un mezzo, che abbrevia le distanze con il vantaggio economico di un biglietto poco caro, si spiegano con la diversità storica che allontana Parigi da Milano.
Parigi è la metropoli di uno stato forte, soggetto durante i secoli a un continuo accentramento politico, che ha unito francesi distribuiti su un esteso territorio in una salda nazione. In questa nazione nell’Ottocento sorgono numerose imprese e per questo si rafforza una classe borghese intraprendente. Ha bisogno degli omnibus e soprattutto delle nuove linee ferroviarie e della navigazione dei numerosi fiumi: si sfruttano sempre di più le miniere di ferro e carbone. Proprio Parigi nel 1830 è teatro di una rivoluzione che porta al potere un “re borghese”, quel Luigi Filippo d’Orleans che favorisce il ceto degli imprenditori: da quelli volti al profitto, molto alto, a quelli più modesti. E’ un regno dove vi sono non solo le luci del progresso, ma anche ombre: i casi di corruzione per gl’intrecci politica-affari e le rivolte dei ceti più poveri, ai quali l’industrializzazione ha dato non ricchezza, ma dure condizioni di vita. Infatti già dopo una ventina d’anni Parigi conoscerà un’altra rivoluzione.
A Milano tutto questo impetuoso cambiamento dell’economia e della società non c’è, o almeno è piuttosto limitato. Vi è una borghesia ancora debole e il punto di forza è dato dalla buona agricoltura, ma non dalle poche industrie. Milano ha la sfortuna di trovarsi in un’area geografica, la Penisola Italica, che è stata grande nel Medio Evo e Rinascimento, ma non è diventata uno stato compatto e unitario come la Francia. Divisa in tanti staterelli, è debole e soggetta agli interessi delle potenze europee. Milano si trova sotto il dominio del grande Impero d’Austria, che inevitabilmente impone ai milanesi tasse e dogane che vanno a favore dell’ economia austriaca, e quindi a fatica vede decollare nuove industrie. Fortunatamente ha una ferrovia – ovviamente voluta dall’Austria -, ma ancora non organizza un buon servizio di omnibus che si spostino in fretta; ma del resto, con una arguzia corrosiva, dice il milanese Rajberti: “chi ha fretta e di che cosa si ha fretta, in Italia?”.


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